Italian Version - L’Italia dovrebbe vendere la propria arte?
Ho letto un interessante articolo del Professor Giulio Volpe, il quale insegna Legislazione comparata dei beni culturali presso l’Università di Bologna.
In questo periodo di crisi profonda dovuta alla pandemia di Covid-19, il settore arte e cultura è stato colpito pesantemente, con musei, gallerie e teatri che hanno dovuto tenere chiuse le loro porte per quasi tre mesi. L’Italia, al momento, è vista dall’estero come un paese Covid-free i cui sistemi di monitoraggio funzionano; e ciò è rassicurante. Così, secondo i sondaggi di Demoskopika, centinaia di migliaia di stranieri stanno parlando sui social di passare le loro vacanze in Italia, o stanno prenotando le loro vacanze nel nostro paese; ma sarà difficile far fronte al calo previsto di 30 milioni di turisti.
Il Professor Giulio Volpe crede che il Governo dovrebbe rivedere la propria posizione sulla vendita all’estero dei beni culturali italiani, così da stimolare un settore, quello dell’arte e della cultura, che è di fondamentale importanza per l’economia del paese. Alleggerire la burocrazia che strozza l’esportazione di opere d’arte potrebbe essere un primo passo in quella direzione.
Fino alla fine del 19° secolo, mercanti d’arte senza scrupoli hanno saccheggiato più o meno lecitamente il patrimonio artistico italiano, poiché le regole sull’esportazione di opere d’arte non erano del tutto efficaci. Con la nascita dello stato italiano le leggi preunitarie furono integrate e corrette ma sono rimaste pressoché invariate fino ai giorni nostri. Tali leggi prevedono che ogni opera d’arte creata da oltre 70 anni, di valore superiore a €13.500, debba essere esaminata, valutata e relazionata da un comitato di esperti, creando così una mole di lavoro spaventosa anche per opere che talvolta sono di scarsa importanza o di poco valore.
Nonostante queste regole ferree, i mercanti d’arte non hanno mai avuto una bella reputazione e spesso sono stati paragonati a pirati o contrabbandieri. Il Professor Volpe auspica che questa attitudine cambi; antiquari e mercanti d’arte, con la loro esperienza e la loro conoscenza, dovrebbero essere al centro della gestione del patrimonio culturale italiano. Sono loro che creano il mercato e che ispirano i collezionisti; che riscoprono opere credute perdute e artisti dimenticati. Non sono la causa dell’emorragia di opere d’arte – questo avviene quando sono ostacolati – piuttosto, agevolano e promuovono un collezionismo lecito, attraverso canali riconosciuti e prestigiosi.
Qualcosa deve essere fatto per agevolare l’esportazione di opere d’arte; i quadri, le sculture e i reperti che riempiono i magazzini dei musei, potrebbero essere razionalizzati e catalogati, in modo da poter mettere sul mercato le opere ritenute di minore importanza. Ciò creerebbe liquidità per il settore museale e ne assicurerebbe l’esistenza per i mesi e gli anni a venire. Dovremmo creare un sistema simile a quello di Francia e Regno Unito per proteggere i beni culturali ritenuti “Tesori Nazionali” e il resto dovrebbe essere messo in commercio, libero di essere comprato e venduto sul mercato globale; e anche se molte delle nostre opere d’arte fossero vendute all’estero, rimarrebbero comunque italiane.
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